martedì 21 gennaio 2020

Fluido rosa e investimenti strampalati


Tra i '70 e gli '80 per sfuggire alle tasse che - in caso di ricchezze milionarie - potevano arrivare anche ad aliquote del 95%, i migliori nomi del pop e del rock d'oltremanica iniziarono a espatriare, spostando le proprie residenze in paesi più tranquilli dal punto di vista della pressione fiscale: gli Stones si stabilirono in Francia (dove nel '71 registrarono uno dei loro capolavori, "Exile on Main St"), mentre Bowie e Marc Bolan ripararono in Svizzera. Cat Stevens andò in Brasile, a differenza di Rod Stewart e dei Bad Company, che preferirono la California. Cinque anni dopo lo scioglimento dei Fab Four, Ringo Starr si spostò nel Principato di Monaco. A metà degli anni Settanta i Pink Floyd erano una delle band più popolari del mondo: la doppietta "The Dark Side of the Moon" del '73 e "Wish You Were Here" del '75, li rese molto ricchi ma anche un preciso obiettivo del fisco. 

Racconta Nick Mason, batterista della band: "Il successo di 'Dark Side of the Moon' finì per lasciarci coinvolgere con una società di consulenti finanziari chiamata Norton Warburg. Tra il '77 e il '78 continuavamo a incassare senza sosta i guadagni di 'The Dark Side of the Moon' e 'Wish You Were Here', e in Gran Bretagna l’aliquota fiscale per i redditi più alti era dell’83% e del 98% sugli utili investiti. La Norton Warburg ci convinse a mettere in atto uno schema che ci avrebbe fatto risparmiare sulle tasse: la parola d'ordine era capitale di rischio e la proposta era di trasformarci in una società operativa investendo il denaro dei Pink Floyd in varie imprese. La faccia negativa e irritante della medaglia era che se anche queste società avessero avuto successo, avremmo dovuto liberarcene per evitare di destare l’interesse dei funzionari del fisco per sospette speculazioni illecite, dato che così era strutturata l’operazione. Per come era, difficilmente lo schema ci avrebbe dato preoccupazioni, perché molti dei nostri progetti commerciali erano talmente sbagliati che nessun banchiere sano di mente li avrebbe presi in considerazione. In questo periodo ci facemmo coinvolgere in attività di barche a remi in fibra di carbonio, pizzerie e un ristorante su una chiatta galleggiante. Non ci facemmo mancare nemmeno un albergo fallito riconvertito in fabbrica di dolci, una fabbrica di scarpe per bambini, il Memoquiz (un antesignano del Game Boy), una società di autonoleggio e una azienda che produceva skateboard chiamata Benji Boards. Un caso ci lasciò perplessi: una società della quale ci avevano parlato era stata ufficiosamente autorizzata dalla Rolls-Royce a commerciare auto di seconda mano. Ebbe, però, parecchi problemi di consegna: le auto non arrivavano, oppure - se arrivavano - erano peggiori della Bentley con cui, con il gruppo, avevamo sfiorato la morte durante il tour di Jimi Hendrix nel 1967. Alla fine, due dei dirigenti di questa società passarono un po' di tempo nelle patrie galere". 

A conti fatti, l'operazione non finì bene: per salvare il salvabile nel 1978 il gruppo fu costretto a un anno di esilio dalla madrepatria, tenendo le session di registrazione di "The Wall" tra Nizza, New York e Los Angeles. Un nomadismo forzato caratterizzato da tensioni, in particolare tra Waters, Gilmour e Richard Wright, con il tastierista estromesso dai crediti finali del disco e reintegrato solo come musicista aggiunto. 

"Ma non furono le tasse troppo alte in Gran Bretagna a portarci in esilio", specificò lo stesso Mason nel 2005 al tedesco Galore Magazine: "Fu l'avidità a portare i Pink Floyd all'estero. Avevamo pensato di fare un mucchio di soldi portando le nostre residente fuori dal nostro paese, risparmiando sulle tasse e investendo i soldi risparmiati. Sfortunatamente, le persone alle quali ci affidammo per investire i nostri soldi si rivelarono inutili".

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