venerdì 7 dicembre 2007

Una prece per Stockhausen


Karlheinz Stockhausen, il grande compositore tedesco, si è spento all'età di 79 anni. Aveva spaziato dalla dodecafonia all'elettronica è morto. La morte risale a mercoledì ma la notizia della sua scomparsa è stata resa pubblica solo oggi.
Nato a Kerpen-Moedrath nel 1928, Stockhausen può essere certamente considerato uno dei più significativi musicisti del XX secolo.

Una curiosità: il suo viso compare nel "collage" di volti della copertina di "Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band" dei Beatles, tra i comici Lenny Bruce e W. C. Fields, la quinta persona dalla destra nella prima fila dall'alto. Inoltre i 4 di Liverpool usarono frammenti della sua composizione "Hymnen" nel brano "Revolution #9", contenuto nel seminale "White Album".

Vale la pena di spendere qualche parola in più su questo brano beatlesiano (il più avant-garde della loro produzione) perchè offre svariati spunti di analisi. Si tratta della penultima traccia dell'album "The Beatles" (anche noto, appunto, come "White Album") del 1968. È una registrazione sperimentale, costituita da suoni di diverso genere (dialoghi, frasi musicali, rumori) miscelati in un brano unico di oltre 9 minuti, in assoluto il pezzo più lungo da loro inciso. Anche se firmato ufficialmente dalla coppia Lennon-McCartney, fu realizzato principalmente da Lennon insieme a Yoko Ono, alla cui influenza si deve certamente la natura sperimentale di questo brano. Lennon e Ono dichiararono di aver inteso il pezzo come un omaggio ai tumulti del Maggio parigino del 1968, ma lo stesso Lennon ammise anche che in parte si trattava di una risposta polemica all'inclusione nel "White Album" di brani di McCartney che Lennon non riteneva appropriati per i Beatles, come "Ob-La-Di Ob-La-Da". Mentre George Harrison e Ringo Starr contribuirono in qualche misura alla realizzazione del brano, McCartney e il produttore George Martin opposero una forte resistenza alla sua pubblicazione.

Il brano si apre con una conversazione fra George Martin e Alistair Taylor (aiutante del manager Brian Epstein); dopo una breve introduzione del piano, una voce maschile incomincia a ripetere in continuazione la frase "number nine, number nine, number nine..."; seguono 9 minuti di rumori, che includono voci confuse, grida, il clacson e una frenata di automobile e frammenti di musica orchestrale. Molti suoni sono indecifrabili perché incisi al contrario.

La canzone gioca un ruolo importante nell'affascinante leggenda della morte di Paul McCartney. Secondo alcuni la frase "number nine", ascoltata al contrario, suonerebbe "turn me on, dead man" ("eccitami, uomo morto"). Data l'abbondanza di suoni strani e confusi presenti nella registrazione, non sorprende che siano stati trovati molti altri indizi riferibili sia a questa stramba teoria che ad altri messaggi occulti, probabilmente legati a fenomeni di pareidolia. Non manca, per esempio, chi taccia il brano di contenuti satanici.

"Revolution #9" è anche nota per essere stata utilizzata nel processo contro Charles Manson. L'avvocato Vincent Bugliosi della polizia distrettuale di Los Angeles disse infatti che Manson credeva che il titolo del brano fosse un gioco di parole su "Rivelazione 9" (revelation 9), e si riferisse al racconto biblico dell'Apocalisse. Manson avrebbe identificato i Beatles con i quattro angeli dell'Apocalisse, ritenendo che essi stessero istigando lui e altri seguaci a dar vita a un nuovo ordine mondiale attraverso una guerra razziale. Già un altro brano dei Beatles, Helter Skelter (questa volta di McCartney) era divenuto famoso per lo stesso motivo.

C'è un'altra registrazione, addiritura leggendaria, dello stesso tipo; è meno nota in quanto non è stata pubblicata su nessun album. Si tratta di "Carnival of Lights", firmata McCartney, registrata dai Beatles durante le sessioni di "Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band", il 5 Gennaio 1967. Questa traccia, della durata di 13:48, è anch'essa un miscuglio di rumori e suoni di vario tipo, soprattutto ticchettii di orologi. La canzone non è mai comparsa nè su album e non ha avuto diffusione nemmeno su qualche bootleg; si sa comunque che nel 1996 Harrison si è opposto alla sua inclusione nell'album "Anthology 2".

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