sabato 16 giugno 2007

No rain


Sarà perchè vi ho fatto il militare, regalandole allo Stato un anno della mia vita che avrei sicuramente potuto sfruttare diversamente e meglio... ma non ho mai nutrito particolare simpatia per Verona! La casa di Giulietta (finta!) con annesso balcone, l'ignobile juke-box ambulante Festivalbar, plasticoso elogio del playback, lo scudetto perso dal Milan nel 1973, lo spirito razzista che pervade molti dei suoi abitanti, il Pandoro... tutte cose che mi risultano terribilmente indigeste e che, nel corso degli anni, mi hanno portato a credere che questa città porti anche parecchia sfortuna!

A ulteriore riprova di questa (forse sciocca) teoria il temporale che ha rovinato l'unica data italiana del tour europeo 2007 degli Who all'Arena. Cominciata sotto i tuoni di un temporale lontano che si è fatto minaccioso dopo l'esibizione della band di supporto, gli americani Rose Hill Drive, Pete, Roger e compagni fanno appena in tempo a cominciare il set che vento e pioggia la pioggia allagano il palco. «Hey, di solito la pioggia bagna voi, e non me!», esclama stupito Pete Townshend prima di rifugiarsi con gli altri nel backstage, mentre il temporale esplode in tutta la sua potenza. La folla li segue, nel senso che si rifugia sotto gli arcovoli dell'anfiteatro mentre su Verona si abbatte il nubifragio. Serpeggiano voci non particolarmente incoraggianti: «Il concerto è sospeso!», «Stanno cercando un'altra data per poter tornare a Verona...» e anche i fan più accaniti si aggirano con musi lunghi un metro. Poi spiove, sul palco compaiono i primi tecnici che provano l'impianto e altri che provvedono a levare i teli. Si riparte, tra il solito dimenarsi di ombrelli e impermeabilini colorati. Ma è un attimo: Roger Daltrey attacca "Behind Blue Eyes" e alla seconda strofa la voce lo abbandonagli. «La mia voce s'è raffreddata», e giù un'imprecazione, seguita da una fuga in camerino. Gli altri si guardano in faccia e lasciano il palcoscenico, tra boati e fischi. Quando rientrano, Pete è accompagnato da Roberto De Luca, promoter di Milano Concerti che traduce le parole di Townshend. «La voce di Roger se n'è andata. Siamo davvero dispiaciuti ma non possiamo continuare. Potrei suonare qualcosa io ma non riusciremo a fare il concerto.». Ancora fischi e urla, mentre De Luca aggiunge: «Vi preghiamo di aspettare ancora un po'...», probabilmente sperando di far cambiare idea alla band. Dev'essere proprio così perchè dopo neanche una decina di minuti ritornano tutti sul palco, Roger compreso che dice: «Quando faccio uno show e la voce se ne va, non riesco a riprenderla... ma quella che mi è rimasta ve lo darò tutta. E voi mi aiuterete.». Da quel momento in poi gli Who proseguiranno per un'altra oretta, tra brani eseguiti da un sempre più roco Roger e canzoni con Pete alla voce. Anche se Daltrey si impegna all'armonica a bocca, il risultato serve solo a portare a casa una serata storta. A "Pinball Wizard" non ci arriva e lascia che a cantare sia il pubblico. Il finale è dedicato a brani che hanno fatto la storia della musica rock, inzuppati, strizzati e gettati alla folla come panni al lavatoio. Dopo "The Kids Are Alright", con un solo strepitoso di Townshend, arrivano "My Generation" e "Won't Get Fooled Again". Superati i 60 anni gli Who si confermano dei "veri duri". Ma ancora più tenace e volitivo è il loro pubblico, fedele e stoico sotto la pioggia e il vento. Gente così, la musica degli Who se la merita tutta, dalla prima all'ultima nota!

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