martedì 21 febbraio 2023

Alberto... goodbye


Volutamente in ritardo (non amo fare parte dei "necrologisti istantanei", che pullulano soprattutto sui social), voglio lasciare anch'io un ricordo dedicato ad un musicista che amo molto: Alberto Radius. Folgorato da ragazzo per quel riff inconfondibilmente hendrixiano di "Eppur mi son scordato di te", ho imparato nel tempo ad apprezzarne le qualità di autore, produttore e pure cantante, dal timbro e dallo stile molto particolari.

Sostituì Mussida nell'embrione della PFM

In pochi sanno che, causa servizio militare di Franco Mussida, Radius - trasferitosi nel frattempo a Milano dalla sua Roma -  entrò nei Quelli (l'ebrione della futura PFM), incidendo le prime canzoni e sviluppando il suo personale modo di suonare la chitarra. Col congedo di Mussida, Radius lascia la formazione e, su suggerimento dell'impresario Franco Mamone, fonda la Formula 3. Poi l'incontro con Battisti che lancerà il terzetto anche a livello discografico, i due album dal sound mediterraneo con Il Volo (il terzetto tenorile non c'entra nulla...) e alcuni dischi solisti di pregio.

Il mio disco preferito

Personalmente, quello che ho amato di più è stato il suo quarto disco da solista, "America Goodbye", uscito nel 1979. Mi ricordo che lo acquistai in audiocassetta, letteralmente consumata durante l'estate al mare! Otto tracce nelle quali spiccava la sezione ritmica, formata da Julius Farmer al basso e Tullio De Piscopo alla batteria, oltre alle tastiere di Sante Palumbo. Una sorta di concept album per raccontare una nazione perduta e perdente, con un velo impietosamente alzato per scoprirne il volto meno spendibile. Un attacco preciso alle radici del sogno americano, compiuto con romantico cinismo, attraverso personaggi e cene di vita quotidiana, piccole vicende umane e miti in cui l'America diventa l'occasione per sottolineare ingiustizie e miserie. I testi sono a firma di due grandi parolieri del pop italiano, Daniele Pace e Oscar Avogadro, già autori per Radius con "Nel Ghetto". Musicalmente lo si può definire uno strano connubio tra prog fusion, però tradotta in formato canzone (vedasi l'uso del minimoog), e ultimi ritrovati tecnologici (i drum pad Synare utilizzati da De Piscopo, che avevano caratterizzato il suono di band come Devo e Yellow Magic Orchestra), con bassi rotondi - Farmer era uno strumentista preciso e di grande gusto - che accompagnavano la voce screziata ed imbevuta di una rabbia appena sfumata. 

Alberto... goodbye.

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