In questi gorni sto ripetutamente ascoltando il nuovo (dodicesimo, per la precisione...) disco degli U2 "No Line On The Horizon"... tanto per non arrivare impreparato al lussuoso concerto di San Siro a Luglio.
Dopo qualche recente, piccolo sbandamento, mi sembra che con questo lavoro Bono e soci abbiano voluto chiarire, una volta per tutte, chi sono gli originali in tutto questo proliferare di voci, melodie e armonie a là U2 che impazzano nella scena musicale, indie e non, di tutto il mondo. A tratti ritrovo la rabbia di "War" e la voglia di allargare i territori a nuove sperimentazioni, già sfoderata nella trilogia "Achtung Baby", "Zooropa" e "Pop"; in "Stand Up Comedy" affiora una matrice di hard-rock Zeppeliniano. Momento clou del disco "Unknow Caller", brano perfetto, quello che non riusciva da tempo ai nostri. Ha tutto ciò che per anni ha marchiato indelebilmente il loro stile: è una canzone corale che vibra di sottofondi di synth e tastiere, di chitarre pizzicate prima, arpeggiate poi e infine liberate in un assolo di grande e inusuale profondità.
Lo ascolto. Lo riascolto. E poi lo ascolto ancora una volta, mentre uno strano sapore agrodolce mi pervade. Perché di eccezionale, a ben vedere, non si trova molto, nessun “Fuoco indimenticabile” o “Albero di Giosuè”. Ma di magnetico sì. E si riscoprono nel gruppo una rinnovata voglia di farsi sentire e un'ispirazione che, davvero, sembravano essersi perse nei meandri delle classifiche e dello star-system.
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