Nel 1968 mio zio Paolo andò negli Stati Uniti per lavoro e tornò con un regalo che mi avrebbe cambiato la vita: un mangiadischi rosso e alcuni 45 giri, tra i quali quello di "Lady Madonna" dei Beatles che, sul lato B, proponeva una musica particolare ed affascinante: "The Inner Light" firmata da George Harrison.
"Lady Madonna" venne registrata dai 4 presso gli studi di Abbey Road durante le sessioni effettuate dal 3 febbraio al 6 febbraio 1968, pochi giorni prima della loro partenza per l'India verso l'ashram del Maharishi Mahesh Yogi. Sei mesi prima era mancato Brian Epstein e Paul McCartney incominciò a prendere per mano il gruppo e, da quel momento, compose tutti i singoli (tranne due), grazie alla propensione per le canzoni brevi, trascinanti, di facile presa e ruffianamente ben strutturate.
Ma torniamo ad Harrison e alla sua mistica "The Inner Light". Dopo le celebri "Love You To" e "Within You Without You", si tratta dell'ultima composizione firmata da George nei Beatles a evidenziare influenze di musica indiana così evidenti. Il testo è una rielaborazione di un poema tratto dal Daodejing, che Harrison musicò su raccomandazione di Juan Mascaró, un erudito studioso di lingua sanscrita che aveva tradotto il brano nel suo libro del 1958 "Lamps of Fire". Harrison registrò la traccia base strumentale a Bombay nel gennaio 1968, durante le sessioni per il suo album solista "Wonderwall Music", colonna sonora dell'omonimo film. È l'unica incisione dei Beatles ad essere stata eseguita fuori Europa ed introduce alcuni strumenti tradizionali indiani nel sound della band. A parte la traccia vocale di Harrison incisa a Londra, l'unico contributo dei Beatles - Paul e John - al brano furono i cori di sottofondo sul finale.
Piccola curiosità: nel 1992 lo sceneggiatore Morgan Gendel intitolò "The Inner Light" un episodio della serie televisiva "Star Trek: The Next Generation" come omaggio alla canzone: "Senza oltrepassare la soglia di casa posso conoscere tutte le cose della terra. Senza guardare dalla finestra posso conoscere le vie del cielo". Non stupisce quindi che, con un messaggio simile, il figlio Dhani (sempre più incredibilmente uguale al padre) abbia deciso di interpretarla in questi giorni di isolamente forzato...
Ma torniamo ad Harrison e alla sua mistica "The Inner Light". Dopo le celebri "Love You To" e "Within You Without You", si tratta dell'ultima composizione firmata da George nei Beatles a evidenziare influenze di musica indiana così evidenti. Il testo è una rielaborazione di un poema tratto dal Daodejing, che Harrison musicò su raccomandazione di Juan Mascaró, un erudito studioso di lingua sanscrita che aveva tradotto il brano nel suo libro del 1958 "Lamps of Fire". Harrison registrò la traccia base strumentale a Bombay nel gennaio 1968, durante le sessioni per il suo album solista "Wonderwall Music", colonna sonora dell'omonimo film. È l'unica incisione dei Beatles ad essere stata eseguita fuori Europa ed introduce alcuni strumenti tradizionali indiani nel sound della band. A parte la traccia vocale di Harrison incisa a Londra, l'unico contributo dei Beatles - Paul e John - al brano furono i cori di sottofondo sul finale.
Piccola curiosità: nel 1992 lo sceneggiatore Morgan Gendel intitolò "The Inner Light" un episodio della serie televisiva "Star Trek: The Next Generation" come omaggio alla canzone: "Senza oltrepassare la soglia di casa posso conoscere tutte le cose della terra. Senza guardare dalla finestra posso conoscere le vie del cielo". Non stupisce quindi che, con un messaggio simile, il figlio Dhani (sempre più incredibilmente uguale al padre) abbia deciso di interpretarla in questi giorni di isolamente forzato...
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