lunedì 19 ottobre 2020

Bau bau "Baui"!



Con l'uscita di "Stardust" del noto documentarista inglese Gabriel Range, il biopic su David Bowie (per il quale il figlio del Duca Bianco, Duncan Jones,  non ha concesso l'utilizzo dei brani  del padre per la colonna sonora), nei tg Rai e Mediaset è tutto un florilegio di "David BAUI". Non si pretende certo la conoscenza maniacale della vita della grande rockstar... ma almeno la corretta pronuncia del suo cognome non guasterebbe. Giornalisti cani!!!

Sul film... poco o niente a che vedere con i recenti "Bohemian Rhapsody" e "Rocketman": scordatevi la classica pellicola che descrive la carriera, immersa in una compilation di greatest hits. "Stardust" si concentra sul 1971, l'anno nel quale Bowie andò in tour negli USA con la speranza di dare una scossa alla sua carriera. Per quanto ancora distante dalla sua mutazione, il timido ed eccentrico ragazzo (peraltro interpretato con personalità da Johnny Flynn, anch’egli musicista e cantante) ha già lo sguardo rivolto a un immaginifico "altrove", figlio di una visione di mondo totalmente differente, si potrebbe dire quasi ultraterrena, sospesa in un universo che solo lui ha saputo incarnare

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