giovedì 21 ottobre 2021

Il cd rialza la testa



Per un musicofilo un po retrò come me la notizia è esaltante: i supporti fisici nei primi sei mesi del 2021 sono stati venduti molto di più degli anni scorsi e se il vinile è sempre più popolare, anche il cd ha iniziato la scalata. Naturalmente il mercato è
comandato dallo streaming in abbonamento (Spotify, Tidal, Apple Music e compagnia bella) che da solo è cresciuto del 41%. Il vinile ormai spopola con un incremento del 189%... ma il dato nuovo che mi rende felice è il prepotente ritorno del cd che ha avuto un incremento del 52%. Proprio lui, il cugino futurista del vinile, trasformatosi negli ultimi anni nello "sfigato di famiglia", quel dischetto argenteo che sarebbe dovuto durare tutta la vita e invece se si graffiava iniziava a produrre dei fastidiosissimi glitch che hanno generato nuovi generi di musica elettronica... ha rialzato la testa!

Creato da un progetto condiviso da Philips e Sony nel 1980, reso disponibile alla clientela due anni dopo con un album di Billy Joel, 52nd Street (che in Giappone veniva venduto in abbinamento col relativo lettore), venne espressamente pensato come risposta tecnologica agli usurabili vinili o audiocassette, aumentando la capacità di memoria del supporto musicale classico, 10 volte superiore rispetto al vecchio ellepì. Se nei '90 un cd poteva costare anche 40mila delle vecchie lire... alla fine del 2010 era considerato alla stregua di un sottobicchiere, svenduto a pochi euro nei cestoni dei centri commerciali, usato anche appeso allo specchietto retrovisore centrale dell'auto per (clamorosa bufala!) per deviare il laser del macchinario di rilevazione della velocità oppure di riflettere il flash della macchina fotografica, utilizzata in un altro modello di autovelox, danneggiandone la pellicola.
Fino a poco tempo fa avremmo potuto domandarci se fosse ancora il caso di stampare i cd, ma l'incremento delle vendite del formato fisico (37,5% in più dello stesso periodo del 2020) fa di nuovo ben sperare per il compact disc: dopo due decenni di caduta libera risulta di nuovo in crescita! Ascoltare una canzone in streaming, conoscendone a malapena titolo ed autore/esecutore non può e non deve bastare, rappresentando un approccio totalmente sbagliato alla musica! Quindi salutiamo con gioia il ritorno in auge del bisogno fisico di avere con essa un'esperienza multisensoriale, che coinvolga sì l'udito ma anche la vista, il tatto e - perchè no - anche l'olfatto (ve lo ricordate quell'inconfondibile profumo di vinile?).

Spotify e simili non possono essere il futuro della musica, come un film che puoi vedere comodamente spaparanzato in poltrona su Netflix... vuoi mettere vederlo in una bella sala cinematografica, condividendo con gli sconosciuti che ti circondano un emozionante rito collettivo?



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